“Tudo nosso, mano!” L' ascesa internazionale del Primeiro Comando da Capital

Il Primeiro Comando da Capital (PCC), organizzazione criminale nata nelle viscere del sistema carcerario paulista (San Paolo), non è più solo un problema brasiliano. Secondo il Ministero Pubblico di San Paolo, infatti, la fazione ha ormai ramificazioni in almeno 28 Paesi, estendendo la propria influenza e il proprio modello di gestione criminale ben oltre i confini nazionali. L’internazionalizzazione del PCC, dunque, rappresenta oggi una sfida per le varie autorità nazionali e una decisa minaccia per la stessa sicurezza globale.
L’ultimo rapporto del MP-SP, recentemente diffuso dalla stampa brasiliana, rivela che il PCC conta più di 2.000 integranti fuori dal Brasile, tra detenuti e membri in libertà. Il Paraguay, con circa 700 affiliati, è diventato il principale polo internazionale della fazione, fungendo da snodo strategico per il traffico di droga e armi. Bolivia, Venezuela e Uruguay sono anch’essi basi importanti, consolidando la presenza del gruppo all'interno degli asset sudamericani del crimine organizzato.
Tuttavia, l’azione del PCC va oltre il Sudamerica, essendo già presente, il Comando, in Paesi europei come Portogallo, Spagna, Olanda, Italia e Serbia, all'interno dei quali replica la propria struttura gerarchica e ferrea disciplina. Negli Stati Uniti, l'organizzazione risulta presente principalmente nelle comunità di immigrati, sfruttando le rotte del narcotraffico e la fragilità delle frontiere americane. Oltre a questo, vi è l’infiltrazione nei sistemi penitenziari fuori dal Brasile, mediante il reclutamento di nuovi membri (irmãos) e l’imposizione dello Statuto, una sorta di Costituzione del PCC, la cui trasgressione prevede sanzioni di tipo fisico, l'esclusione e nei casi più gravi anche la morte.
Non vi è dubbio che il Primeiro Comando da Capital, sin dalla sua fondazione, abbia imparato dalle mafie tradizionali, modernizzando le proprie attività con l’uso di tecnologie sempre più avanzate, riciclaggio di denaro, anche tramite criptovalute, e società di facciata. La fazione, infatti, non esporta solo cocaina, bensì un modello di comando e controllo del territorio capace di adattarsi ai vari contesti in cui opera. Sotto questo profilo, il dominio delle carceri straniere può divenire un elemento chiave, essendo tale luogo letteralmente impresso nel patrimonio genetico dell'organizzazione nata all'interno della Casa di Reclusione di Taubaté (San Paolo) il 31 agosto 1993. Qui il gruppo ha imposto la propria legge (lo Statuto), disciplina e punizioni brutali, oltre a coniare il proprio lemma, che, come insegna Diorgeres de Assis de Victorio, specialista e memoria viva sul PCC, inizialmente era Liberdade, Justiça, Paz (LJP) e non Paz, Justiça, Liberdade, come erroneamente riportato in molti articoli e libri.
L’internazionalizzazione del Primeiro Comando da Capital è il risultato di un processo graduale, favorito dall’assenza dello Stato all'interno delle favelas di San Paolo – o, in alcuni casi, da una presenza brutale – dalla corruzione, soprattutto tra gli agenti di pubblica sicurezza, e dalla globalizzazione dei traffici illeciti. In questo scenario, la sfida per le autorità assume una dimensione globale, divenendo, quindi, del tutto imprescindibili forme di cooperazione internazionale. Come sottolineato dal procuratore del Ministero Pubblico di San Paolo, Lincoln Gakiya, il PCC ha una struttura molto ben organizzata e riesce a mantenere il comando anche a distanza, attraverso intermediari e comunicazioni sicure, replicando il proprio modello in diversi Paesi e sfruttando le carceri come basi operative per il reclutamento e il coordinamento delle attività. Di fronte a una minaccia che si è ormai fatta transnazionale, la risposta degli Stati, purtroppo, appare troppo spesso ancora frammentaria e insufficiente.
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