Come la 'Lei do Crime' del PCC ha cambiato il crimine organizzato in Brasile

Agli inizi del 1993, o forse prima, in una cella del sistema penitenziario paulista, Mizael Aparecido da Silva - conosciuto come "Miza" - iniziò a scrivere quello che sarebbe diventato il documento più influente nella storia del crimine organizzato brasiliano. Sedici articoli scritti a mano che avrebbero dato origine al Primeiro Comando da Capital (PCC) e alla sua Lei do Crime (Legge del Crimine): lo Statuto.
Più di trent'anni dopo, questa vera e propria costituzione criminale continua a governare la vita di migliaia di detenuti e membri della fazione in tutto il Brasile. Ma la sua storia, ricostruita in questo articolo, rivela un'evoluzione ben più complessa di quanto solitamente narrato.
Il Primo Statuto: Protezione e Resistenza
Contrariamente alla narrativa dominante che descrive il PCC come un'organizzazione nata esclusivamente per il traffico di droga, l'analisi del primo Statuto del 1993 rivela obiettivi ben diversi. "Quando è nato, trent'anni fa, il suo obiettivo principale era proteggere i detenuti dagli abusi commessi dagli agenti penitenziari e garantire la sicurezza all'interno delle prigioni", spiega Diorgeres de Assis Victorio, agente penitenziario che dal 1994 ha seguito da vicino l'evoluzione della fazione.
Il documento originale, emerso pubblicamente solo nel 1997 durante una CPI (Commissione Parlamentare d'Inchiesta) e registrato ufficialmente nel Diario Ufficiale dell'Assemblea dello Stato di San Paolo il 20 maggio 1999, recava il lemma "Liberdade, Justiça, Paz" (Libertà, Giustizia, Pace). Una scelta semantica tutt'altro che casuale, volendo priorizzare la fine di un regime detentivo fatto di violenze e tortura istituzionalizzata.
"Il documento era stato redatto da "Miza", che si trovava in carcere con membri della Camorra, influenzando in questo contesto le radici del PCC", rivela Victorio. I fratelli Renato e Bruno Torsi, camorristi legati alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, avrebbero contribuito a strutturare lo Statuto del PCC durante la loro detenzione insieme a Miza. A questo riguardo, vale la pena osservare - ricordando quanto scritto da Giovanni Falcone in Cose di Cosa Nostra - come la rigida compartimentazione della fazione brasiliana ricordi più la struttura della mafia siciliana che non quella della Camorra o della stessa ‘Ndrangheta, da anni ormai socia d’affari del PCC.
L'articolo 14 del primo Statuto rivela l'ossessione originaria della Primeiro Comando da Capital: "Sin dalla sua nascita, nel 1993, la priorità era disattivare l'Annesso della Casa di Custodia e Trattamento di Taubaté". Obiettivo tragicamente raggiunto nel 2000 con una ribellione che causò decapitazioni e la distruzione dell'unità penitenziaria, poi trasformata in Ospedale di Custodia e Trattamento Psichiatrico nel 2002.
Di un'altra terribile ribellione, quella avvenuta nel 2001 nel carcere di Tremembé, fu testimone e vittima lo stesso Victorio, il quale quel giorno venne quasi bruciato vivo: “I detenuti ci legarono e ci coprirono con materassi di gommapiuma imbevuti di alcol, utilizzando un cilindro di gas per portare a termine il loro obiettivo".
La Promessa di Protezione
Gli articoli 4 e 5 del primo Statuto rivelano un aspetto spesso trascurato del PCC: l'offerta di "protezione sociale e finanziaria" per i suoi membri. Il documento prometteva diversi tipi di supporto: alloggio, alimentazione, salute e persino il pagamento di onorari legali per gli avvocati.
Questa struttura di welfare criminale rappresentava una novità nel panorama del crimine organizzato brasiliano. "Il PCC possiede un opuscolo che sottolinea l’importanza che i detenuti prestino attenzione alla politica per conquistare i propri diritti", spiega Victorio, evidenziando come l'organizzazione avesse compreso fin dall'inizio l'importanza dell'assistenza sociale come strumento di controllo e fedeltà.
Il Secondo Statuto: Espansione e Uguaglianza
Il secondo Statuto, ottenuto da Victorio nel 2007, ma sicuramente anteriore, e di cui "molti hanno difficoltà di accesso", introduce la prima significativa modifica del lemma originario. La parola "Igualdade" (Uguaglianza) viene aggiunta alla fine, trasformando il lemma in "Paz, Justiça, Liberdade, Igualdade (Pace, Giustizia, Libertà, Uguaglianza)" - con un sintomatico cambiamento nell'ordine delle parole originali e creando un evidente rimando al lemma coniato dal Comando Vermelho all'epoca della sua fondazione presso l'Istituto Penitenziario Cândido Mendes (Ilha Grande-Rio de Janeiro).
"Nel Primo Statuto il PCC afferma che la lotta dei membri è per la 'Libertà, Giustizia e Pace', mentre, nel Secondo Statuto, hanno invertito l’ordine delle parole", nota Victorio. Tale inversione non è casuale: la "Paz" (Pace), messa al primo posto, indica un cambio di priorità strategiche, riferendosi anche, se non principalmente, a quella pax criminale necessaria per rafforzare ed espandere le attività illecite dell'organizzazione.
Gli articoli 12, 13 e 14 di questa versione rivelano la fase espansiva della fazione: "Il PCC informa riguardo alla creazione di filiali negli stati del Paraná, Mato Grosso do Sul e Minas Gerais". In altre parole, questo secondo periodo rappresenta la fase in cui il Primeiro Comando da Capital stava trasformandosi da fenomeno carcerario locale (San Paolo) a rete criminale interstatale all’interno del territorio brasiliano.
Effetto boomerang: la fallimentare strategia che ha espanso il PCC
La ragione per la quale è possibile ipotizzare una datazione di questo secondo Statuto anteriore al 2007, dipende dalle date di trasferimento dei vari fondatori del Primeiro Comando da Capital presso istituti penitenziari fuori dello stato di San Paolo. Come mostrato, tra gli altri, in un articolo dello stesso Victorio (São Paulo e a contaminação do sistema prisional brasileiro), alla fine degli anni '90, una strategia penitenziaria concepita per smantellare il Primeiro Comando da Capital (PCC) si trasformò nel principale catalizzatore della sua espansione, trasformando un problema locale in una crisi di proporzioni nazionali.
Nel tentativo di disperdere la leadership dell'organizzazione, lo stato di San Paolo avviò una politica di trasferimenti interstatali dei suoi membri più influenti, senza, tuttavia, contemplare alcun piano strategico e di comunicazione tra le autorità carcerarie coinvolte; ciò che produsse un effetto diametralmente opposto. In altre parole, anziché neutralizzare il PCC, tali scelte finirono per esportare il suo modello criminale.
Figure di spicco come José Márcio Felício, detto “Geleião”, e Cesar Augusto Roris Silva, “Cesinha”, a partire dal 1998, furono inviate in Paraná, inaugurando le prime filiali della fazione fuori da San Paolo. Da lì, il loro pellegrinaggio attraverso i sistemi penitenziari di Mato Grosso do Sul, Santa Catarina e Rio de Janeiro disseminò il verbo del PCC, replicandone Statuto e struttura organizzativa.
I direttori delle carceri degli altri stati, spesso ignari della reale pericolosità e capacità organizzativa dei detenuti che accettavano, finirono per aprire inconsapevolmente le porte alla "contaminazione" del sistema carcerario nazionale. Il Paraná, con l’istituto penitenziario di Piraquara e per la sua strategica posizione in relazione alla Triplice frontiera (Brasile, Paraguay, Argentina), e il Mato Grosso do Sul, anch’esso cruciale per la sua posizione geografica nelle rotte del narcotraffico, divennero i primi epicentri del PCC fuori dallo stato di San Paolo, segnando l'inizio di una nuova fase del crimine organizzato in Brasile.
Il Terzo Statuto: Unione e Pena di Morte
Il terzo Statuto, che porta la datazione interna di 17 anni dalla fondazione, in tal modo suggerendo il 2010 come anno della sua elaborazione, segna l'evoluzione più significativa dell'organizzazione. L'articolo 2 introduce nel lemma la quinta parola: "Paz, Justiça, Liberdade, Igualdade, União" (Pace, Giustizia, Libertà, Uguaglianza, Unione). Ma le modifiche vanno ben oltre il lemma.
Nell'articolo 6, infatti, si trova una clausola di esclusione che rivela l'irrigidimento ideologico della fazione: "Il PCC non ammette tra i suoi membri stupratori, omosessualità, pedofilia, delazione, bugie e codardia". Una posizione che, ironicamente, contraddiceva la storia stessa dell'organizzazione: "Due dei suoi fondatori, Geleião e Mizael, possedevano, tra i loro precedenti penali, crimini di stupro", rivela Victorio, evidenziando come le regole fossero applicate selettivamente fin dall'inizio.
La pena di morte: da strumento di difesa ad arma di controllo
L'articolo 3 del terzo Statuto introduce anche la sanzione più drastica fino allora assente nelle precedenti redazioni: "Chi tenterà di causare divisioni all'interno del PCC, non rispettando la gerarchia e la disciplina, sarà escluso e decretato (condannato alla pena di morte)".
Questa evoluzione segna il passaggio da un'organizzazione difensiva ad una struttura sempre più autoritaria e violenta. "I territori del PCC, chiamati 'quebradas', esigono il rispetto delle leggi, anche per i non membri", estendendo, in tal modo, il controllo sociale ben oltre i confini carcerari.
La contraddizione tra i principi dichiarati e la pratica emerge chiaramente nell'articolo 9: "Il partito non ammette bugie, tradimento, invidia, cupidigia, calunnia, egoismo, interesse personale, ma sì: la verità, la fedeltà, l'onore, la solidarietà e l'interesse per il Bene di tutti, perché siamo uno per tutti e tutti per uno".
Tuttavia, conclude Victorio, "ciò non ha impedito che una disputa per il potere risultasse nella morte di Idemir Carlos Ambrósio, soprannominato “Sombra”, il primo detenuto battezzato nel PCC, conosciuto come il Padre (Pai). Diverse altre morti segnano la storia del PCC, tra fondatori, membri e loro familiari".
Trent'anni di Evoluzione Criminale
Questa breve analisi dei tre Statuti del PCC rivela, da ultimo, una struttura in costante evoluzione, capace di adattarsi ai cambiamenti del contesto sociale e politico brasiliano e di espandersi in maniera significativa anche a livello internazionale. Dal lemma originale "Liberdade, Justiça, Paz" del 1993 al "Paz, Justiça, Liberdade, Igualdade, União" attuale, ogni modifica sembra sempre riflettere una fase specifica della crescita organizzativa della fazione.
L'evoluzione semantica dei lemmi non costituisce soltanto un mero dato simbolico fine a se stesso, marcando, piuttosto, il passaggio da una organizzazione difensiva, nata per proteggere i detenuti dagli abusi del sistema carcerario, ad una struttura criminale complessa, profondamente antifragile, come già osservato in un precedente articolo, e capace di estendere il proprio controllo ben oltre le mura carcerarie.
Tirando le fila del presente articolo, si può dire che la "Lei do Crime" del PCC rappresenta la prima testimonianza ufficiale di un contratto sociale criminale in Brasile. La sua influenza sulla società, aggravata da una sempre più marcata penetrazione nel tessuto economico e finanziario del Paese, dimostra come un documento nato in un carcere di San Paolo nel 1993 - grazie alla miopia della politica e degli apparati di giustizia e di polizia dell'epoca - si sia trasformato in una delle forze più influenti e minacciose del Brasile contemporaneo.
Breve appendice
Volendo ulteriormente arricchire questa narrazione con il vivo racconto di alcuni testimoni da me intervistati nel corso di questo ultimo anno, ciò che emerge è un quadro di profonda trasformazione interna al Primeiro Comando da Capital. Da un lato, come osserva Victorio, "intendere questa legge del crimine è cruciale per poter raccontare la storia e la genealogia delle generazioni del PCC", tracciando un percorso che va dalle origini fino all’attuale spinta verso il narcotraffico internazionale. Dall’altro, le voci raccolte rivelano un’organizzazione che — pur mantenendo una rigida gerarchia — sembra oggi oggi soffrire di un vuoto d’autorità nella base:
Questa duplice analisi — quella teorico‑giuridica e storica di Victorio e quella “dal basso”, basata sui racconti e le lamentele degli abitanti delle quebradas — sembra confermare che il PCC stia vivendo una metamorfosi. Da una realtà dominata da un controllo rigidissimo del territorio e da rituali di appartenenza, il Comando appare sempre più orientato verso un crimine transnazionale (narcotraffico e riciclaggio di denaro all’estero), in cui l’applicazione delle sue regole interne previste nello Statuto è diventata selettiva, escludendo frequentemente coloro che hanno un rapporto con la base dell’organizzazione.
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Fonti: UOL. Questo articolo si basa su documenti forniti da Diorgeres de Assis Victorio, ex agente penitenziario e ricercatore specializzato nella storia del PCC, e lunghe conversazioni avute con lui nel corso degli ultimi quattro anni. Victorio ha avuto accesso diretto ai tre Statuti durante la sua carriera nel sistema penitenziario paulista, iniziata nel 1994.
Credit Photo: Estatuto do PCC, Jornal da USP.
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