Faria Lima e PCC: perché il Brasile ha bisogno di un’Agenzia Nazionale contro il Crimine Organizzato

Giovanni Falcone, tanto in Cose di Cosa Nostra come anche nella lunga intervista concessa alla rivista Meridiana nel maggio del 1989 e recentemente tradotta e commentata da me e Cristian de Paula sulla rivista brasiliana Dilemas, metteva in guardia sull’uso indiscriminato del termine ‘mafia’, il quale per lui stava a significare un fenomeno specifico di un dato contesto storico, geografico e sociale. Per questo nel corso del presente articolo mi asterrò dal riferire il termine ‘mafia’ all’altrettanto specifico ambito brasiliano, le cui manifestazioni criminali, le facções (fazioni criminali), hanno peculiarità del tutto proprie.
Le operazioni condotte dalle autorità brasiliane all’incirca una settimana fa — Carbono Oculto, Tank e Quasar — non hanno costituito semplici blitz contro singole reti criminali, portando alla luce un fenomeno strutturale e radicato. Dalle indagini è emerso, infatti, un vero e proprio modello imprenditoriale criminale integrato: importazioni fraudolente di materie prime, produzione e adulterazione in impianti propri, distribuzione con una flotta di 1.600 camion e vendita in oltre 1.000 stazioni di servizio.
Come ricordato nell'ottimo articolo a firma di Maria Zuppello su Infobae, tra il 2020 e il 2024 questo sistema ha movimentato somme per l’equivalente di circa 10 miliardi di dollari, con un’evasione fiscale stimata fino a 1,6 miliardi. Numeri enormi, i quali, tuttavia, non sono un’eccezione, quanto la prova che il crimine organizzato punta oggi a consolidare redditi e influenza entrando nell’economia legale.
Nel corso dell’intervista con Maria Zuppello, ho richiamato un punto per me essenziale: la penetrazione del Primeiro Comando da Capital (PCC) nella Faria Lima (cuore finanziario del Brasile) non è da considerarsi un evento accidentale, ma il risultato di azioni prolungate nel tempo, che hanno permesso alla facção di San Paolo di avere accesso a professionisti qualificati — avvocati, commercialisti, operatori finanziari, fintech — in grado di mettere in piedi strutture societarie complesse atte a mascherare gli enormi proventi di origine illecita.
Una singola fintech, secondo le informazioni emerse, avrebbe movimentato 8,5 miliardi di dollari attraverso conti fittizi. A questo va aggiunto il controllo da parte del PCC di almeno quaranta fondi di investimento per un totale di circa 5,5 miliardi impiegati in impianti, terminal portuali (ciò che viene ad avere implicazioni significative per le rotte del narcotraffico), flotte di camion e oltre cento immobili di pregio.
Questa dinamica richiama alla mente una circostanza che Giovanni Falcone descrive in Cose di Cose Nostra. Il magistrato palermitano ricordava come Boris Giuliano — il capo della squadra mobile di Palermo assassinato nel luglio del 1979 — poco prima di morire stesse indagando su una valigia con 500.000 dollari trovata all’Aeroporto di Palermo. Giuliano scoprì che 300.000 dollari erano stati depositati presso la Cassa di Risparmio cittadina da un certo “signor Giglio”. Quando chiese spiegazioni al direttore della banca, Francesco Lo Coco, si sentì rispondere che non ne sapeva nulla. In realtà, Lo Coco era cugino di primo grado di Stefano Bontate, capo della famiglia di Santa Maria di Gesù. Era stato Lo Coco stesso a depositare i soldi con un falso nome per conto del cugino.
Non riporto tale aneddoto per fare del folklore giudiziario, che, peraltro, sarebbe qui fuori luogo, ma perché esso rappresenta la dimostrazione plastica di come il crimine organizzato, se non adeguatamente combattuto, finisca per “accomodarsi” e mettere radici nelle strutture formali, lecite, della società.
Quel potere mafioso, incarnato da Bontate, era riuscito a infiltrarsi nei gangli più profondi dell'alta società palermitana dell'epoca, esattamente come è riuscito a fare il PCC con la Faria Lima. Oggi come allora, quindi, il rischio è che sempre più proventi di origine illecita vengano «puliti» e trasformati in potere economico legittimo.
(Lincoln Gakiya, Procuratore anti-PCC dello Stato di San Paolo)
Dalla precedente constatazione derivano, a mio avviso, esigenze operative chiare. Dotarsi di un’agenzia nazionale specializzata (con mandato operativo, investigativo, capacità finanziarie e cooperazione internazionale) permetterebbe un migliore coordinamento tra il livello federale e quello statale dei vari organi inquirenti (corpi di polizia e Ministero Pubblico), accelerando il recupero dei patrimoni illeciti (intervento sugli asset) e rendendo possibile investigare fenomeni criminali sempre più complessi che sfruttano l’economia legale, come le reti transnazionali.
Proprio l’esperienza italiana dimostra che strutture multi-forza e specializzate migliorano la capacità di colpire le articolazioni economiche e transnazionali della criminalità organizzata. Più nello specifico, la struttura “single-function” della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) italiana permette indagini integrate su organizzazioni criminali e reati economico-finanziari. Questo tipo di integrazione — tra il piano statuale, interstatuale e federale — è assai carente oggi in Brasile. Al tempo stesso, non si può non riconoscere che una tale agenzia nazionale, per poter funzionare in maniera efficace, dovrebbe armonizzarsi con le competenze e gli ambiti operativi della Polizia Federale.
Un'agenzia ispirata alla DIA italiana potrebbe, dunque, avvalersi di indagini integrate, che aumenterebbero l'efficacia delle investigazioni di polizia in termini di grandi operazioni di intelligence da realizzare, i cui effetti a cascata sarebbero maggiori possibilità di condanne nei vari gradi di giudizio e il mantenimento delle necessarie misure patrimoniali in sede giudiziaria, la qual cosa avrebbe un impatto significativo sulla stessa sopravvivenza delle reti criminali.
Va detto che questo non sarebbe un cammino semplice, considerando il cervellotico e selettivo, su base razziale e censitaria, sistema giudiziario brasiliano, il degrado disumano della maggioranza delle carceri e la truculenza di una fetta consistente delle forze di polizia, in particolare la Polizia Militare.
Dal lato economico-finanziario, grazie agli ingenti guadagni con il traffico internazionale (ossia guadagnare in dollari o euro e reinvestire nel mercato interno brasiliano), facções come il Primeiro Comando da Capital e il Comando Vermelho sono ormai presenti in misura massiccia nei settori dell'economia legale e negli appalti pubblici, soprattutto il PCC. Per questo, appare fondamentale rafforzare confische e sequestri e contrastare le infiltrazioni criminali nelle gare d'appalto come nel settore immobiliare. Soltanto così sarà possibile “decapitalizzare” le varie organizzazioni.
Anche qui, tuttavia, occorrerebbe un investimento massiccio da parte dello Stato al fine di operare con qualità e quantità nei mille rivoli del riciclaggio di denaro sporco (criptomonete, oro, case di produzione musicale, calcio, etc.). Oggi, purtroppo, le forze impiegate nella lotta contro il riciclaggio risultano insufficienti, considerando il livello della minaccia al presente e più ancora in una dimensione futura.
Alla luce di quanto fin qui osservato, propongo — su base empirica e comparata — l’istituzione di una Agenzia Nazionale contro il Crimine Organizzato (o di una struttura nazionale con mandato equivalente) con le seguenti funzioni chiave:
aggregare personale multi-forza (investigatori, magistrati, analisti finanziari, forensi digitali etc.) in task force permanenti per indagini integrate;
potenziare l’asset recovery con procedure chiare per confisca preventiva e confisca per equivalente, e meccanismi rapidi di congelamento dei beni all’estero;
agire come nodo nazionale per la cooperazione internazionale — attraverso Asset Recovery Inter-Agency Networks, reti europee di recupero asset (ARIN, es. CARIN), le reti regionali coordinate da GAFILAT (es. RRAG - rete regionale latinoamericana), JITs (Joint Investigation Teams) e procedure MLAT (Mutual Legal Assistance Treaty / rogatoria internazionale) semplificate — permetterebbe di agevolare preservation orders (ordini di conservazione) e freezing urgenti (blocchi patrimoniali), riducendo i tempi di reazione e migliorando l’efficacia dell’asset recovery transnazionale.
disporre di competenze tecniche permanenti in blockchain-forensics, contabilità forense, OSINT e cyber-forensics, integrate con la UIF (ex-COAF);
strutturare protocolli pubblico-privati per segnalazioni realtime da banche, fintech e VASP (Virtual Asset Service Provider), e garantire tutele efficaci per i whistleblowers.
Giova ricordare che queste funzioni, liberate dalla patina di tecnicismo verbale che le contraddistingue, non sono in alcun modo astratte. In Paesi dove strumenti analoghi sono presenti, la sinergia tra capacità investigative e finanziarie ha aumentato sequestri, confische e migliorato la sostenibilità delle indagini transnazionali.
Naturalmente, la creazione di un’Agenzia Nazionale del genere richiederebbe precipue garanzie sotto il profilo legale, quali: un mandato strettamente definito, supervisione parlamentare, tutele dei diritti fondamentali e trasparenza procedurale per prevenire abusi. Più di tutto, servirebbe un finanziamento stabile pluriennale e un piano formativo sistematico per trattenere le competenze più qualificate. Senza questi presupposti, il rischio sarebbe quello di generare una struttura inefficace o, peggio ancora, strumentalizzabile dal punto di vista politico.
(Sede del Ministero Pubblico del Brasile a Brasília)
L’Operazione Concierge (2024), l’Operazione Hydra (2025) e l’Operazione Carbono Oculto evidenziano un pattern ricorrente: l’utilizzo di nuovi servizi finanziari e di veicoli societari per immettere proventi illeciti nell’economia legale.
Come mostra l'episodio riguardante Boris Giuliano riportato da Giovanni Falcone, il rischio maggiore che il Brasile di oggi corre è quello di dare legittimità economica e di qui rispettabilità sociale, se non addirittura istituzionale, ad un crimine organizzato sempre più rarefatto e raffinato (Faria Lima docet).
Per questo, la creazione di un’Agenzia Nazionale contro il Crimine Organizzato, lungi dall'essere considerata una sorta di concessione retorica alla sicurezza pubblica, dovrebbe essere vista come un presidio permanente a difesa delle istituzioni economiche, finanziarie, politiche e giudiziarie brasiliane, oltre che della stessa democrazia.
La minaccia che le organizzazioni criminali portano al cuore dello Stato si è trasformata in misura radicale rispetto al passato: la violenza plateale di autobombe e autostrade imbottite di tritolo ha lasciato il posto all'infiltrazione silenziosa e pervasiva nelle piazze finanziarie globali come la Faria Lima.
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Credit Photo: Brasil247, Estado de S. Paulo, Vero Notícias.
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